LATINA – Una storia di sacrificio e sfruttamento si è consumata nei giorni scorsi, quando Singh, un uomo di 55 anni proveniente dall’India, è morto a causa di un malore dopo una giornata di lavoro intensa nei campi della provincia di Latina. La notizia ha suscitato grande commozione nella comunità indiana e ha riportato l’attenzione sulle difficili condizioni in cui molti lavoratori stranieri svolgono il loro mestiere in Italia.
Singh, senza parenti nel nostro paese, inviava regolarmente i suoi guadagni mensili alla sua famiglia in India. Un gesto di affetto e responsabilità che ora rende ancor più amara la sua prematura scomparsa. La sua paga era una misera somma di 5 euro e qualche centesimo all’ora per raccogliere le melanzane nei campi, con possibilità di arrivare a soli sei euro. In quel fatidico giorno, Singh aveva lavorato per nove ore sotto il sole cocente, sottoposto a sforzi fisici e temperature elevate.
Nonostante non sia stato possibile stabilire un collegamento diretto tra le cause della sua morte e il lavoro svolto, la sua storia rispecchia purtroppo la realtà di molti braccianti agricoli stranieri in Italia. Con una sottile linea che separa la “morte sul lavoro” da altre circostanze, la sua tragica fine rimane un simbolo delle difficoltà e delle ingiustizie che affliggono questa categoria di lavoratori.
Le testimonianze dei suoi connazionali parlano di “macello”, un termine forte che evoca sofferenza e sfruttamento. Molti lavoratori indiani vedono l’Italia, e in particolare la provincia di Latina, come una terra di opportunità, nonostante il duro lavoro e i salari insufficienti. Nel Punjab, la regione da cui provengono, il salario mensile per chi svolge lavori manuali può variare da 80 a 120 euro, rendendo l’Italia un obiettivo ambito.
Purtroppo, Singh non è il primo caso nella comunità indiana a perdere la vita durante il lavoro nei campi dell’Agro Pontino. Questi episodi drammatici fanno emergere la necessità di affrontare la questione delle condizioni di lavoro dei braccianti stranieri in Italia e di porre l’accento sulla tutela dei diritti umani e lavorativi di tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro provenienza.
L’incidente di Singh dovrebbe essere un monito per le autorità italiane e per i datori di lavoro a riconsiderare le condizioni di impiego e a garantire misure adeguate di sicurezza e protezione per tutti i lavoratori agricoli. È fondamentale un maggiore controllo e vigilanza affinché nessun bracciante, indiano o di qualsiasi altra nazionalità, sia costretto a svolgere un lavoro degradante e pericoloso per un salario inadeguato.
La morte di Singh non deve essere dimenticata né ignorata, ma deve spingere la società e le istituzioni a riflettere sulle disuguaglianze e le ingiustizie che persistono nel nostro paese. Solo attraverso un impegno concreto e collettivo potremo cercare di porre fine a queste tragedie e garantire un futuro più giusto e dignitoso per tutti i lavoratori, ovunque essi si trovino.