SPERLONGA – Le opzioni ora sul tappeto sono due: emissione di un’ordinanza di demolizione o avvio della procedura di acquisizione al patrimonio immobiliare del comune di Sperlonga di un albergo, “Grotta di Tiberio”, che, dichiarato completamente abusivo, si è intrecciato con le vicende, politiche e personali, di cui ne è stato co-proprietario, l’attuale sindaco e due volte presidente della Provincia Armando Cusani. Quella di martedì è stata una mattinata frenetica nel palazzo municipale di piazza Europa dopo la pubblicazione di una sentenza shock della seconda sezione del Consiglio di Stato: dopo il Tar, sostenendo l’infondatezza dell’appello, ha confermato l’efficacia dell’annullamento di tutti i titoli edilizi firmati dal dirigente del settore urbanistica del Comune di Sperlonga (da qualche giorno in forza al comune di Gaeta) Pietro D’Orazio il 9 maggio 2022.
I giudici del secondo grado della magistratura amministrativa hanno deciso di far scorrere i titoli di coda su una delle querelle, di natura tecnico-amministrativa, tra le più clamorose sviluppatesi nel secondo dopo guerra in provincia di Latina: la realizzazione di un lussuosissimo albergo nella lingua di terreno che, vincolata dal piano integrato della Regione, insiste tra la strada regionale Flacca ed il mare del litorale di levante di Sperlonga. In 45 pagine i giudici di palazzo (presidente Carlo Saltelli, consiglieri Cecilia Altavista, Giancarlo Carmelo Pezzuto, Stefano Filippini e Francesco Cocomile) la delicatissima storia di questa controversia che ebbe inizio oltre 38 anni , il 6 novembre 1985 quando la società Tiberiade s.r.l. presentò, ai sensi della legge regionale numero 47 del 28 febbraio 1985 (quella del primo condono), al Comune di Sperlonga due domande di sanatoria per opere ad uso non residenziale per un abuso di tipologia 1 (opere realizzate in assenza di concessione) relative ad un fabbricato sito in via Flacca al chilometro 15,700 (in catasto al foglio 12, particella 238 sub. 3 e 4), indicando i vincoli posti sull’area con i codici “05”, “06”, “10”, ovvero paesaggistico, ambientale e sismico.
In particolare, la domanda numero 0248732509/1 riguardava opere per un volume di 2231,86 metri cubi e 595 metri quadri di superficie, dichiarate ultimate prima del 1967 mentre la domanda numero 0248732509/2 era relativa a opere per 864,60 metri cubi di volume e 247,86 metri quadri di superficie, ultimate nel 1980. Da quel momento è trascorsa tant’acqua sotto i ponti della burocrazia e delle indagini di natura penale.
Il Consiglio di Stato nell’udienza del 28 novembre scorso – la sentenza è stata pubblicata il 5 febbraio – ha confermato la sentenza della prima sezione del Tar di Latina , la numero 00233 del 2023, che ripercorre, in sintesi, quanto negli ultimi due anni , più precisamente nel maggio 2022 quando il comune di Sperlonga ordinò la demolizione della struttura ricettiva di proprietà del suocero del sindaco Cusani, Erasmo Chinappi. Lo stesso comune in effetti, in precedenza (il 30 marzo di due anni fa) aveva varato una commissione istruttoria per valutare la legittimità di due permessi a costruire, di uno in variante, risalenti al 2004 e al 2005, ed una concessione edilizia ancora più antica, del 1992. A sentenziare la nullità di quegli atti amministrativi fu proprio il 9 maggio 2022 l’ingegner Pietro D’Orazio che, incurante del fatto che il sindaco di Sperlonga (e suo datore di lavoro) fosse il genero del destinatario della sua decisione, ordinò entro 90 giorni la demolizione dell’intero corpo fabbrica dell’albergo.
La società “Chinappi Aldo Erasmo & C sas” si affidò agli avvocati Alfredo Zaza D’Aulisio e Alfonso Celotto per impugnare davanti il Tar l’ordinanza dell’ingegner D’Orazio. I giudici del primo grado della magistratura amministrativa confermarono nell’aprile 2023 la validità e l’efficacia dell’ordinanza di demolizione dell’architetto D’Orazio. Ma la partita non finì lì. “Chinappi Aldo Erasmo & C sas” propose subito appello al Consiglio di Stato dove si costituirono il comune di Sperlonga (attraverso l’avvocato Salvatore Canciello) e due privati confinanti con l’hotel “Grotta di Tiberio”, i signori Carmine Tursi e Anna Miele, costituitisi in giudizio attraverso l’avvocato Francesco Di Ciollo.
Il Consiglio di Stato, dopo un’infinità di denunce pubbliche e private, di inchieste penali e di ricorsi di natura amministrativa, è arrivato ad una drastica conclusione: quello che un tempo veniva definito “l’albergo Cusani” è pertanto abusivo e spetta all’autorità amministrativa, il comune di Sperlonga, prenderne atto.
“Come condivisibilmente rilevato dal Tar dalle sentenze penali intervenute nella vicenda de quo – si legge nella sentenza del Consiglio di Stato firmata dal presidente Carlo Cancelli e dal giudice estensore Cecilia Altavista– è emersa una situazione complessiva di abusi edilizi“. Ma la concessione edilizia del 1992 avrebbe potuto risultare una panacea a tutti i mali? Secondo il consiglio di Stato la risposta è negativa perché “non ha mai avuto effetto per la mancata esecuzione della condizione, cui era subordinata, relativa alla demolizione della parte del complesso immobiliare adibita a discoteca“. E anche il privato – si legge nella sentenza di Palazzo Spada – sapeva a monte di non poter avere un via d’uscita.
“Nelle domande di condono presentate nel 1986 non erano stati correttamente dichiarati tutti i vincoli ricadenti sull’area…e non c’era quello imposto sulle aree site nella fascia di rispetto stradale che “ha valenza di inedificabilità assoluta“. Vigeva insomma in quell’area “il divieto assoluto di costruire“ al punto che la mancata indicazione e valutazione dei vincoli ha comportato l’illegittimità della concessione rilasciata nel 1992 per la presenza di… vincoli di inedificabilità”. Per non parlare poi della realizzazione di una piscina di 76 metri quadrati che ha “integrato una nuova costruzione non consentita in zona agricola”. La concessione edilizia di 32 anni fa è stata pesantemente censurata dalla sentenza del Consiglio di Stato quando sostiene come “l’illegittimità sotto i vari profili indicati della concessione del 1992 e l’abusività dell’opera dovuta alla mancata demolizione della discoteca nonché la stessa apposizione della medesima condizione al permesso di costruire n. 83/2004 hanno determinato l’illegittimità anche di tale permesso di costruire e della sua variante”.
Martedì c’era poca voglia di parlare al comune di Sperlonga dopo l’arrivo la sera precedente della sentenza: “A parlarmene siete stati voi cronisti – ha commentato la segretaria generale dell’ente Massimina De Filippis – La leggerò attentamente e vedremo il da farsi”. Un’analoga risposta è stata fornita da uno degli amministrativisti più bravi della provincia di Latina, l’avvocato Alfredo Zaza D’Aulisio. Difende da anni il suocero del sindaco Cusani e dal tono della sua voce emergono scetticismo e rassegnazione: “La sentenza del Consiglio di Stato va letta ed esaminata virgola per virgola – ha dichiarato il legale di Gaeta – per individuare eventualmente alcuni motivi che, dopo un’attenta valutazione potrebbero costituire l’argomento di una possibile opposizione (Corte di giustizia europea?)”. L’avvocato D’Aulisio starebbe pensando anche ad una diversa opzione per “salvare” l’albergo: la fiscalizzazione delle superfice abusive che, ai sensi della legge 47/1985, comporterebbe dei costi ingentissimi. Il privato dovrebbe sobbarcarsi l’onere di pagare all’erario il valore doppio delle volumetrie ritenute abusive. Quasi tutte?
Se il comune di Sperlonga deve decidere (con non pochi motivi di imbarazzo) se emettere un’ordinanza di demolizione o avviare la procedura di acquisizione dell’hotel “Grotta di Tiberio”, uno storico avversario politico del sindaco Cusani, l’ex capogruppo di opposizione Nicola Reale, non vuole assolutamente festeggiare per quanto deciso dal Consiglio di Stato: “E perché dovrei? La sentenza pubblicata venerdì sancisce la sconfitta di un certo modo di fare e di intrepretare la politica a Sperlonga negli ultimi 40 anni. Non dimentico quando feci nel 2004 quando, munito di una perizia giurata del futuro consigliere di opposizione , l’ingegner Benito Di Fazio, presentai un esposto all’allora Procuratore capo di Latina Giuseppe Mancini. Ricordo i sorrisi maliziosi che accompagnarono quell’iniziativa politica che, a distanza di 20 anni, ha ancora una valenza culturale: abbattere i santuari dell’illegalità dove, a Sperlonga, grazie ad una forma di impunità, è stato possibile realizzare tutto contro le regole e le leggi. La sentenza del Consiglio di Stato ha dimostrato che si può andare definitivamente a capo”.
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