FORMIA – Nuovi guai giudiziari attendono Giuseppe Favoccia, l’ex-imprenditore di bestiame 74enne, considerato da anni dagli investigatori contiguo alla famiglia Bardellino. Se l’uomo giovedì è comparso davanti al Gup del Tribunale di Cassino Salvatore Lo Mastro per presunti maltrattamenti in famiglia denunciati dalla moglie – la difesa ha ridimensionato la vicenda parlando di un’episodica lite in famiglia come tante ne succedono – sarà un altro magistrato di Cassino, il Gup Alessandra Casinelli, a decidere un nuovo processo per l’imprenditore italo-americano di Formia.
Nei suoi riguardi ha fissato per il prossimo 25 settembre, alle 10, una nuova udienza preliminare dove l’uomo, difeso dall’avvocato Michelangelo Fiorentino, dovrà difendersi da un’altra e più misteriosa vicenda. Secondo l’ex sostituto Eugenio Rubolino l’arma che gli agenti del commissariato di Polizia rinvennero e sequestrarono nell’abitazione di Favoccia in località Mergataro a Formia il 26 luglio 2023 sarebbe stata utilizzata il 15 febbraio 2022 per uccidere Gustavo Bardellino nel luogo in cui lavorava, la concessionaria “Autobuonerba” in località Gianola. Giuseppe Favoccia rischia un processo per il possesso di una pistola semiautomatica che, calibro 7.65 e priva di matricola, fu trovata completa di caricatore con all’interno tre munizioni e idonea all’impiego. Il 74enne – secondo la conclusione delle indagini preliminari della Procura di Cassino – è indagato per detenzione illegale di arma da fuoco che lo stesso ex imprenditore stava cercando di occultare all’arrivo degli agenti. All’epoca il Gip Di Croce convalidò il fermo di pg e permise a Favoccia, nonostante la richiesta degli arresti domiciliari del pm Rubolino, di tornare in libertà.
L‘uomo dimostrò che quella pistola aveva una calibro diverso da quella utilizzata per il tentativo di omicidio Bardellino junior per il quale sono indagati l’imprenditore Luigi Diana e Giovanni Lubello, l’ex genero del boss Francesco Bidognetti.
Favoccia all’indomani del blitz della Polizia di fine luglio 2023 dichiarò di non aver avuto nulla a che fare con il ferimento avvenuto il 15 febbraio 2022 in via Ponteritto a Gianola, del nipote di Ernesto Bardellino, Gustavo. La Polizia e i Carabinieri, su ordine dei Pm della Dda di Roma Luigia Spinelli e Francesco Gualteri, invece si erano catapultati all’alba nell’abitazione dell’ex autotrasportatore di bestiame chiedendogli della pistola…“E’ proprio così – ci aveva dichiarato l’avvocato Michelangelo Fiorentino – Gli investigatori erano andati dal mio assistito pensando che l’arma in suo possesso avesse avuto a che fare con il tentativo di omicidio di Gustavo Bardellino. Mi dispiace dirlo ma qualcuno ha preso un abbaglio. Aveva sì una pistola semiautomatica calibro 7,65 con matricola abrasa ma quella che ha tentato di uccidere Gustavo Bardellino aveva un calibro 9… Che sia stato commesso un errore grossolano – ha sempre aggiunto l’avvocato Fiorentino – l’avevano capito subito il Gip Di Croce ed il sostituto procuratore Eugenio Rubolino. Se quella pistola avesse avuto un ruolo nel ferimento di Bardellino, non avrebbero deciso di rimettere in libertà il signor Favoccia e tantomeno chiedergli ‘soltanto’ gli arresti domiciliari. Ma avrebbe fatto dell’altro, io suppongo, informare subito i pm della Procura antimafia di Roma”.
L’avvocato Fiorentino esternò un’idea, naturalmente personale, sulla ragione della disponibilità di quell’arma, che definì un “ferro vecchio”, a Giuseppe Favoccia: “Non bisogna sottovalutare – aggiunse il legale – un particolare, la concezione tutta americana di quest’uomo che negli Stati uniti ha vissuto a lungo lavorando nel campo della ristorazione. In America acquistare un’arma è come per noi italiani andare a fare la spesa dal supermercato e acquistare il pane…In Italia la legge in materia è più rigorosa e Favoccia – e questa fu la curiosa rivelazione dell’avvocato Fiorentino – non potendo chiedere il porto d’arma per i suoi antichissimi e datati precedenti penali decise di acquistarne una…nei pressi di Aversa qualche anno fa, per legittima difesa. Abitando con la sua moglie in una zona isolata di Formia non voleva correre rischi se anche la sua villetta fosse finita, come peraltro è avvenuto in diverse circostanze , nel mirino dei ladri e dei furti”.
Tutto qui Giuseppe Favoccia ha più volte chiesto di essere interrogato dal Gip e dai Carabinieri per contestare le “inverosimili” dichiarazioni che avrebbe rilasciato alla Squadra Mobile nel 2015 che, se fossero veritiere, offrirebbe un’altra verità sull’uccisione del fondatore storico del clan dei Casalesi, Antonio Bardellino, Non sarebbe stato ucciso in un agguato per mano di Mario Iovine nel lontano 1988 in Brasile ma sarebbe stato in vita sino al 2018 nascondendosi in un angustissimo bunker ricavato nel sotterraneo di una villetta di proprietà un altro italo-americano all’’interno del parco “Villaggio del Sole” in località Acquatraversa.
“Io difendo Favoccia da una vita – ha aggiunto l’avvocato Fiorentino – e non mi risulta che abbia firmato verbali o rilasciato dichiarazioni alla Squadra mobile nell’agosto 2015 di aver incontrato nel 2010 Antonio Bardellino all’aeroporto di New York per consegnarli una figlia del fratello Ernesto o per raccontare che sarebbe tornato in Italia per partecipare ad un matrimonio di un suo parente. Il mio assistito a New York ha lavorato nel campo della ristorazione per oltre un decennio a cavallo degli anni Novanta e gli inizi del decennio successivo. Favoccia, se tanto interessa a molti, è tornato negli Stati Uniti più di una volta e sempre in compagnia della moglie per sistemare definitivamente la gestione di alcune attività che aveva dato in gestione perché la voglia di tornarsene a Formia è stata più forte di qualsiasi altra cosa. Questa ricostruzione è risibile. Favoccia era molto attenzionato negli Stati Uniti per i suoi problemi fiscali e per il mancato delle tasse. Sapeva che sarebbe stato avvicinato dalla Fbi e che faceva? Accompagnare tizio o caio da sempronio?”.
Favoccia non ha una fedina penale immacolata ma – a dire dell’avvocato Fiorentino – non si è mai reso protagonista di reati consumati con il metodo mafioso: “Quelli oggetto di una sentenza di condanna o di prescrizione hanno riguardato un’estorsione, una truffa e traffico illegali di vitelli d’est Europa”. E allora se Giuseppe Favoccia non c’entra con i nuovi traffici e, soprattutto, con i nuovi equilibri tra clan camorristici operanti a Formia e nel sud pontino, perché il 26 luglio scorso ha ricevuto una perquisizione insieme ad alcune persone e all’81enne Vito Iacopino, proprietario della villetta di via dei Pini 7 e indagato per favoreggiamento nell’agguato di Gustavo Bardellino?.
“Escludo categoricamente che il mio assistito ed il proprietario della casa in cui è stato trovato questo bunker si conoscano. Favoccia in questa storia è stato coinvolto – ha concluso l’avvocato Michelangelo Fiorentino – per essere, nonostante l’età e i suoi problemi di salute, l’anello più debole dell’intera catena. L’ha capito il Gip Di Croce e ora lo dimostreremo alla dottoressa Alessandra Casinelli”