Quali sono le più diffuse soluzioni contro la calvizie? È possibile rispondere a questa domanda facendo riferimento ai dati presentati, in un apposito report, da ISHRS, International Society of Hair Restoration Surgery.
Lo studio in questione è stato pubblicato nel 2022 e presenta statistiche relative all’anno precedente, si tratta dunque di dati assolutamente recenti, andiamo dunque a scoprire che cosa è emerso sia per quel che riguarda le soluzioni chirurgiche che quelle non chirurgiche.
Tra i pazienti prevalgono gli uomini, ma le donne non sono affatto poche
Anzitutto, una distinzione di genere: a ricorrere a soluzioni contro la calvizie sono prevalentemente pazienti di sesso maschile, un dato che non stupisce, sicuramente, ma le percentuali di donne che adottano dei rimedi contro questo problema è tutt’altro che trascurabile.
Per quanto riguarda le soluzioni chirurgiche la percentuale di pazienti uomini è risultata essere dell’87,3%, dunque il 12,7% è composto da donne, tra le soluzioni non chirurgiche, invece, il divario è meno accentuato, con il 62,5% di pazienti uomini e il 37,5% di pazienti donne.
L’autotrapianto è il protagonista assoluto tra le soluzioni chirurgiche
Nell’ambito delle soluzioni chirurgiche, l’autotrapianto recita oggi un ruolo da protagonista indiscusso.
Questa tecnica prevede che vengano impiantati capelli appartenenti al medesimo paziente prelevati chirurgicamente dalle zone donatrici, dunque dalle aree della testa non soggette a caduta.
L’autotrapianto presenta molti importanti punti di forza, a cominciare dal fatto che i capelli, provenendo dal medesimo organismo, attecchiscono molto bene e non vengono rigettati.
Oltre a questo, l’autotrapianto consente di realizzare un risultato molto preciso, assicura una perfetta armoniosità, anche cromatica, del risultato finale, come si può notare nelle immagini “prima e dopo” presentate da una clinica specializzata come www.clinicbiorigeneral.com, inoltre è una soluzione che i pazienti tendono ad accettare molto più positivamente anche dal punto di vista psicologico, al contrario di altre più tradizionali in cui non è raro un certo imbarazzo, o comunque una sensazione di scarsa autostima.
Due modalità di esecuzione dell’autotrapianto: tecnica FUE e tecnica FUT
Prima di scoprire i dati emersi nel report di ISHRS, possiamo anticipare che l’autotrapianto può essere eseguito facendo ricorso a due diverse metodologie: la FUE e la FUT.
La FUE, acronimo di Follicular Unit Extraction, prevede che le unità follicolari (ognuna delle quali può contenere da 1 a 4 bulbi, ovvero da 1 a 4 capelli) siano prelevate singolarmente dalla zona donatrice, utilizzando uno strumento chiamato punch, per essere poi collocate nell’area da infoltire.
La FUT, acronimo di Follicular Unit Transplantation, prevede invece che siano prelevate e successivamente impiantate delle “strips”, ovvero delle piccole porzioni di cuoio capelluto contenenti più unità follicolari.
Non esiste una tecnica che si possa considerare in assoluto migliore: la scelta dell’una o dell’altra dipende dalle caratteristiche del singolo caso clinico e deriva dunque da apposite valutazioni.
La tecnica FUE è la più diffusa, sia tra gli uomini che tra le donne
Secondo i dati di ISHRS, tra le soluzioni chirurgiche la metodologia più diffusa è l’autotrapianto FUE.
Per quel che riguarda i pazienti uomini, questi interventi rappresentano ben il 75,4% del totale, seguono gli autotrapianto di tipo FUT con il 21,3%, mentre gli interventi combinati in cui si fa ricorso contemporaneamente alla tecnica FUE e alla tecnica FUT sono il 3,3%.
La tecnica FUE prevale anche tra le pazienti donne, ma con una percentuale meno netta, ovvero il 57%; segue la tecnica FUT con il 41,7%, mentre gli interventi combinati FUE/FUT costituiscono l’1,4%.
Il numero di procedure a cui si sono sottoposti i pazienti
Un’altra statistica molto interessante messa a disposizione da ISHRS è inoltre quella relativa al numero di procedure a cui si sono sottoposti i pazienti che hanno optato per una soluzione chirurgica.
Nel 68,2% dei casi i pazienti sono alla loro prima procedura, nel 28,6% alla seconda, mentre per il 3,3% si tratta della terza; ricorrere ad un autotrapianto dopo essersi già sottoposti a procedure chirurgiche, dunque, non è affatto un qualcosa di remoto.