ARCE – Dopo 22 udienze – nonostante lo sciopero delle Camere penali – si sta svolgendo con 33 testate giornalistiche accreditate, l’ultima udienza del processo di secondo grado sulla scomparsa e sull’omicidio di Serena Mollicone avvenuti ad Arce il 1 giugno 2001, che dovrebbe consegnarci la sentenza del processo d’Appello. Dopo le repliche i giudici della prima sezione della Corte d’assise d’appello di Roma dovrebbero entrare in camera di consiglio per emettere nel tardo pomeriggio la sentenza. E’ un pronunciamento molto atteso dopo la riapertura della fase dibattimentale sollecitata dalla Procura generale e da quella di Cassino impugnando le cinque assoluzioni sentenziate il 15 luglio 2022 da parte della Corte d’assise di Cassino nei confronti degli imputati.
Al termine dell’udienza del 4 luglio scorso le difese dei principali imputati – Franco, Marco ed Annamaria Mottola – hanno ribadito nelle loro arringhe come Serena non sia mai entrata nella caserma di Arce nel giorno in cui è scomparsa sottolineando come la Procura di Cassino e ora la Procura generale non abbiano mai presentato una prova a conforto delle loro ricostruzioni accusatorie. Se gli avvocati Francesco Germani, Piergiorgio Di Giuseppe, Enrico Meta e Mauro Marsella hanno sollecitato una nuova assoluzione piena per i rispettivi assistiti con la formula per ”non aver commesso il fatto”, le arringhe difensive più complessivamente hanno contestato innanzitutto il contenuto della requisitoria del Procuratore Francesco Piantoni e del sostituto procuratore Deborah Landolfi.
I due rappresentanti della pubblica accusa – come si ricorderà – avevano chiesto 24 anni per il maresciallo Franco Mottola, 22 anni per il figlio Marco e per la moglie Annamaria, quattro anni per il carabiniere Francesco Suprano e l’assoluzione per il collega Vincenzo Quatrale. La sentenza del processo d’appello per il delitto di Arce è molto attesa in considerazione anche delle nuove accuse mosse dalle difese dei cinque imputati secondo le quali quello di secondo grado sull’omicidio di Serena è stato un processo indiziario senza prove scientifiche inattaccabili.
Di contro la Procura generale fa leva sulle dichiarazioni formalizzate nel 2008 del brigadiere dei Carabinieri Santino Tuzi che, prima di togliersi la vita con la pistola d’ordinanza, racconto ai Pm della Procura di Cassino di aver visto Serena la mattina del 1 giugno di sette anni prima entrare in vita nella caserma di Arce.