PONZA – Delusione e rammarico. Con questi stati d’animo, dopo il disinteresse della comunità isolana palesato negli ultimi tre anni, la famiglia di Gianmarco Pozzi ha deciso di non organizzare a Ponza alcun evento commemorativo a quattro anni dalla tragica scomparsa del 27enne buttafuori romano. I genitori e la sorella dell’ex campione di kickboxing hanno detto basta. Non vogliono parlare di omertà ma da Ponza si aspettavano forse una maggiore collaborazione nello svolgimento delle difficili indagini che, a cura dei Carabinieri della Compagnia di Formia sotto il coordinamento della Procura di Cassino, iniziarono esse stesse tra non poche difficoltà il giorno – era domenica 9 agosto 2020 – in cui Pozzi venne trovato privo di vita all’interno di un’intercapedine, larga un metro e mezzo e alta tre metri, tra una parete perimetrale di un’abitazione e il muro di contenimento di un terreno.
I Carabinieri e le loro indagini hanno sempre sostenuto che si sia trattato di un incidente: Gianmarco, forse sotto della cocaina, correndo era caduto inavvertitamente da un’altezza di tre metri. La famiglia di Pozzi con i suoi periti ha sempre sostenuto il contrario: Gianmarco è caduto sì ma vittima di un’aggressione che procurò la frattura dell’osso del collo rotto e ferite in tutto il corpo. Da questo momento – secondo la famiglia del buttafuori romano- sono iniziati i misteri e i depistaggi. Non venne effettuata l’autopsia sul cadavere del 27enne, i cui traumi e ferite riscontrate furono considerate compatibili appunto con la caduta da un’altezza considerevole. Iniziò una spietata guerra di perizie. Quella della famiglia Pozzi, curata dal professor Vittorio Fineschi, parlò di omicidio e di altre stranezze: il luogo in cui cadde Giammarco e l’abitazione presa in affitto non vennero sequestrati per compiere accertamenti più specifici così come il telefonino della vittima venne rinvenuto apparentemente integro ma di fatto era talmente danneggiato che non potette subire alcuna verifica circa il traffico effettuato e ricevuto.
La famiglia Pozzi ha deciso dopo 4 anni di non organizzare a Ponza alcuna manifestazione in ricordo del buttafuori scomparso lanciando un monito al magistrato titolare delle indagini, il sostituto procuratore Flavio Ricci: le indagini potrebbero conoscere una svolta, un’accelerazione da un particolare, il rinvenimento di un Dna nel luglio 2023 da parte della Guardia di Finanza sulla maniglia di un carriola trovata dopo tre anni dal padre di Gianmarco, Paolo, in un terreno attiguo all’intercapedine in cui Gimmy trovò la morte. Questa traccia genetica venne rapportata ad una confidenza fatta ai familiari del 27enne da parte di un uomo…
Riferì di aver saputo da una donna che la mattina dell’incidente il cadavere, penzolante, di un giovane era stato caricato all’interno della carriola che, sequestrata la scorsa estate, transitava nei pressi del luogo della caduta, in via Staglio. L’inchiesta ha dovuto registrare la decisione di questa donna di non confermare più questa circostanza per timore – hanno sempre ipotizzato gli inquirenti- di possibili ritorsioni. La famiglia Pozzi ha chiesto ed ottenuto di vivisezionare la carriola ma anche su alcuni oggetti (mozziconi di sigarette, uno scontrino fiscale, tracce ematiche su un foglio di carta assorbente e tracce di sostanze stupefacente) contenuti in una busta di plastica nascosta negli slip di Gianmarco.