VENTOTENE – Un piccolo ma significativo passo in avanti verso il recupero del carcere borbonico sull’isolotto di Santo Stefano. Con questo obiettivo il sindaco di Ventotene, Gerardo Santomauro, ha confermato l’arrivo mercoledì prossimo, alle 11.30, di tre autorevoli rappresentanti del governo Gentiloni sulla seconda isola pontina. Si tratta dei Ministri della Difesa e dei Beni e attività culturali, Roberta Pinotti e Dario Franceschini e della sottosegretaria alla presidenza del Consiglio Maria Elena Boschi. Inaugureranno un’elisuperfice nella zona attigua alla palazzina uffici del reclusorio chiuso nei primi anni sessanta dopo aver ospitato, nel corso di quasi due secoli, ergastolani, prigionieri politici e antifascisti.
L’elisuperfice, realizzata dal genio dell’Areonatica militare di stanza presso l’aeroporto di Ciampino, è stata considerata un’alternativa all’impossibilità di creare un attracco a mare, in località “Marinella”, dal momento che l’isolotto di Santo Stefano fa parte dell’area protetta omonima e di Ventotene. I Ministri Pinotti e Franceschini e la sottosegretaria Boschi terranno anche una conferenza stampa presso l’Auditorium comunale “Terracini” e faranno il punto dei lavori del tavolo tecnico insediato dall’ex governo Renzi per il recupero del carcere di Santo Stefano, peraltro finanziato dal Cipe per 70milioni di euro. Vi fanno parte la Presidenza del consiglio dei ministri, i Ministeri dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dell’Ambiente e della Difesa, l’Agenzia del Demanio, la Regione Lazio, il Comune di Ventotene e la Riserva Naturale Statale.
Un grande investimento ideale. Così si era espresso l’ex premier Matteo Renzi nelle due visite, nel gennaio e nell’agosto dello scorso anno, a Ventotene quando aveva annunciato lo stanziamento di questo maxi finanziamento del comitato interministeriale per la programmazione economica per realizzarvi un campus universitario per la formazione di giovani europei e dare così una vera casa a quei valori nati con il Manifesto per un’Europa libera ed unita di Altiero Spinelli. Dopo l’annuncio di Renzi era stato consegnato un rilievo fotografico in 3d indispensabile per monitorare la salute della storica struttura e per il via agli interventi di restauro. Inoltre era stato consegnato uno studio di fattibilità, che prevedendo la realizzazione di un possibile approdo nella zona di Marinella, definiva la zona e i tempi necessari per realizzare l’eliporto. La struttura ora è stata completata e dovrebbe, di fatto, accelerare la fase la fase ‘autorizzativa’ del progetto di cui si sta occupando – compresa la gestione – la società “Invitalia”.
“Oltre al restauro stiamo raccogliendo idee e progetti per la destinazione di un luogo così simbolico, che non può che essere destinato sia al ricordo del Manifesto di Ventototene e alla storia del carcere, che al futuro, cioè alla formazione di giovani dell’Europa e del Mediterraneo” – ha dichiarato di recente il Ministro per i beni e le attività culturali Franceschini. Ma un monito al governo Gentiloni a fare presto l’aveva lanciato soltanto in aprile, in occasione di una visita istituzionale a Gaeta, il neo presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani: aveva definito “lungimirante” il progetto ma aveva chiesto all’esecutivo di rispettare gli impegni per la conclusione dei lavori entro il 2020.
Il carcere di Santo Stefano è stato costruito nel 1797 da Re Ferdinando IV di Borbone: tre piani, tre gironi circolari fatti solo di angusti buchi di detenzione, con un’architettura progettata da Francesco Carpi sul modello del tremendo Panopticon teorizzato dal giurista Jeremy Bentham con l’idea di permettere a un secondino di sorvegliare tutti i detenuti senza che questi potessero capire se erano controllati o no. Si estende per quasi 30 mila metri quadrati con oltre 200 celle progettate per “dominare le menti dei detenuti”, nell’Ottocento vi soffrirono i padri del Risorgimento, negli anni bui del fascismo ospitarono uomini che hanno fatto l’Italia di oggi e l’Europa, da Altiero Spinelli a Sandro Pertini, da Umberto Terracini a Mauro Scoccimarro.
In abbandono dal 1965 il maestoso carcere borbonico di Santo Stefano, quasi un’Alcatraz italiana, ha tutti i titoli per inserirsi fra i simboli della cultura e dell’identità europea da recuperare con l’apporto delle stesse istituzioni del vecchio continente.
Saverio Forte