FORMIA – Se la Formia servizi è fallita, le responsabilità vanno ricercate nella pessima gestione della sua governance piuttosto che alle precise censure espresse in un’intervista ad un quotidiano dai tre componenti del suo consiglio d’amministrazione, l’ex presidente Sergio Lanna e i consiglieri Salvatore Testa e Massimo Macera. A sentenziarlo, in una chilometrica e dettagliata sentenza di 36 pagine, è ora la prima sezione civile del Tribunale di Latina che (presidente Paola Romana Lodolini e a latere Concetta Serino e Marco Pietricola) che riabilita l’operato sull’attività della fallita Formia servizi spa dei tre consiglieri d’amministrazione e del compianto sindaco Michele Forte. Erano stati pesantemente citati dall’ex amministratore delegato Massimo Vernetti e dagli ex soci privati della società mista che li avevano considerati i responsabili di un grave danno di immagine professionale e, dunque, del default della Fomia servizi spa. E Vernetti, coinvolto in numerosi processi penali in mezza Italia per peculato, ha avuto il tempo di convincere i soci privati dell’ex Formia servizi per chiedere al comune un milione e mezzo di euro di danni e ai tre ex consiglieri d’amministrazione 500mila euro ciascuno. E, invece, il Tribunale civile di Latina ha rigettato le istanze formalizzate da Vernetti, dall’”Ipm srl”, dalla “No problem Parking srl”, dall’”Euro servizi”, dalla “Sap società appalti partenopei” e dalla “Costruzioni, riparazioni e Rimessaggi Parisi snc” e la domanda riconvenzionale avanzata dall’avvocatura interna del comune di Formia.
Il Tribunale di Latina, invece, ha condannato tutte le parti convenute a liquidare Testa e Macera oltre 14 mila euro (a favore del proprio legale, l’avvocato Salvatore Orsini) mentre Lanna, assistito dall’avvocato Domenico Trobia, deve beneficiare di un ristoro economico di quasi 12mila euro. E’ stato condannato anche il comune di Formia , invitato a riconoscere le spese sostenute da Vernetti per quasi 9mila euro. “Questa sentenza ricostruisce in maniera definitiva le vicende che hanno portato al fallimento della Formia servizi – tiene a precisare l’ex presidente della Formia servizi spa Sergio Lanna – Voglio sperare che adesso, tutti coloro che hanno accusato i membri del CdA nominati dal Sindaco Forte di aver “distrutto una bomboniera”, abbiano il coraggio di chiedere scusa. Per onestà e spirito civico abbiamo denunciato alla Guardia di Finanza le criticità che avevamo riscontrato nell’esercizio delle nostre funzioni e, nonostante ciò, siamo stati coinvolti in situazioni spiacevoli, del tutto inusuali per gente per bene come noi. Il collegio giudicante (ben tre magistrati togati) ha definitivamente appurato la veridicità di quello che (modestamente) avevamo già denunciato”. L’avvocato Lanna ma anche Testa e Macera sottolineano come la Formia servizi sia stata una società già da tempo in difficoltà finanziaria al punto che alla data della verifica ispettiva da parte dell’Ispettorato Generale della Ragioneria dello Stato (eseguita in data 27 maggio 2008), la società pubblico privata aveva già azzerato il capitale sociale”. I giudici avevano elencato nel dettaglio le “numerose e rilevanti criticità che hanno contraddistinto lo svolgimento dell’attività sociale”.
I bilanci della Formia servizi erano inattendibili e i “debiti per i pagamenti della Tarsu e della Tosap non sono stati contabilizzati in bilancio neppure in seguito alle pronunce negative della Commissione Tributaria”, Nonostante una palese difficoltà finanziaria, l’Amministratore Delegato Vernetti – scrivono in una nota congiunta Lanna, Testa e Macera – continuava a percepire un stipendio faraonico, del tutto ingiustificato alla luce dei pessimi risultati conseguiti dalla sua gestione. Inoltre i giudici chiariscono una volta per tutte che non risponde al vero che la società è fallita a causa di un “ostracismo” dell’amministrazione” comunale del sindaco Michele Forte, la quale – al contrario – l’aveva messa in condizione di fare reddito: “La società non aveva mai raggiunto i budget prefissi nel programma attuativo predisposto nel 2004, nonostante il numero di posti affidati fosse stato nettamente maggior rispetto a quello previsto in fase di bando di gara”. La colpa del dissesto finanziario deriva esclusivamente dal modo in cui la società è stata amministrata. Il Tribunale di Latina su un punto è stato inequivoco …tant’è che “a fronte di una gestione in crescente perdita (tanto da avere provocato il fallimento della società, dichiarato nel settembre 2010) non si vede come possa ipotizzarsi un pregiudizio alla redditività da parte delle scelte operate dal CdA. Queste cose noi tre le sapevamo già – concludono Lanna, Testa e Macera – Da oggi, le sanno tutti”.
Saverio Forte