GAETA – Il secondo anniversario dell’affondamento del “Rosinella”, il peschereccio partito il 16 aprile 2016 dal porto di Formia e inabissatosi a sette miglia a largo di Baia Domizia con tre membri dell’equipaggio a bordo, tutti deceduti, è stato davvero beffardo per le famiglie delle tre vittime. Se la moglie e i tre figli del comandante Giulio Oliviero hanno deciso di trincerarsi dietro un polemico silenzio per le mancate risposte da parte del Gip Tribunale di Cassino alla richiesta di archiviazione del procedimento formalizzata dal sostituto Procuratore Marina Marra, la moglie dei marittimi tunisini Khalifa e Saipeddine Sassi, padre e figlio di 49 e 24 anni, ha scoperto che è stato bloccato il conto corrente che il marito aveva aperto presso il principale ufficio postale di Ercolano, località dove i due pescatori nordafricani vivevano, alternativamente a Formia, in alcuni periodi dell’anno. Il Comportamento delle autorità italiane non è stato zelante ma rispettoso di quanto prevede la normativa in questi casi.
La conferma di questo blocco è giunta dal legale che assiste la famiglia Sassi, l’avvocato Antonio Crisi, secondo il quale la famiglia originaria di un sobborgo della capitale Tunisi non ha potuto più prelevare i risparmi accantonati nel corso degli anni per il mancato arrivo dal paese nordafricano dei documenti richiesti dall’Italia: per lo più lo stato lo stato di famiglia, il certificato di matrimonio e quello di nascita degli altri figli della signora Anah. L’avvocato Crisci ha rivelato che questi documenti sono arrivati a cavallo dei giorni dell’anniversario dell’affondamento del “Rosinella” ma per essere utilizzati dalle autorità italiane dovranno essere, previa una preliminare traduzione dall’arabo, ratificati dagli uffici diplomatici della Tunisia in Italia.
Insomma un’infernale situazione di burocrazia che ha provocato altri danni: quel danaro fermo presso l’ufficio postale di Ercolano sarebbe dovuto servire per far crescere gli altri sei figli di Khalifa, saldare alcuni crediti della famiglia Sassi in patria e aprire a Tunisi un locale. Un sogno naufragato a 65 metri di profondità in quella che Saipeddine considerava, prima del suo ritorno in patria, una delle sue ultime batture di pesca, un lavoro, durissimo, che avrebbe voluto proseguire in Italia suo figlio Saipeddine. Avrebbe voluto…
Saverio Forte