MINTURNO – In una realtà, Scauri e Minturno, condizionata dall’assenza di una biblioteca e di un cinema quella organizzata lunedì sera presso l’accogliente Lido “Il Vascello” è stata davvero una rivoluzionaria serata di impegno civile a favore dell’impegno contro il crimine organizzato. La protagonista è stata una brava giornalista che ha deciso di utilizzare la sua penna come arma per fronteggiare il crimine organizzato nella realtà in cui ha vissuto e ha deciso di continuare a vivere nonostante le minacce di morte subite, Ostia ed il litorale romano. Federica Angeli, collega di “Repubblica”, ci teneva tanto alla tappa di Scauri ospite di un altro e riuscito appuntamento, il quarto, della rassegna letteraria “Libri sulla sabbia” encomiabilmente organizzata dall’attiva Associazione culturale “Il Sogno di Ulisse”.
La location, davvero suggestiva, ha contribuito a far archiviare positivamente l’evento culturale nei confronti del quale la platea, purtroppo, non è stata essenzialmente minturnese. Ma gli organizzatori, capitanati da Gisella Calabrese, l’avevano messo in conto. La collega di Repubblica è giunta a Scauri appositamente da Ostuni e ha giudicato positivamente – lo sottolinea nell’intervista allegata – la circostanza in base alla quale molti la gestione di molti stabilimenti balneari nel sud pontino sia ad appannaggio di molte laboriose famiglie locali che si tramandano da generazioni questa importante attività economica. Ma – ha aggiunto la Angeli – non bisogna abbassare la guardia perché il timore che la criminalità organizzata di stampo camorristico possa infiltrarsi in questo segmento dell’economia del comprensorio.
I suoi problemi la collega di cronaca nera e giudiziaria de “La Repubblica” li ha conosciuti proprio quando ha cominciato con coraggio, civico e professionale, a denunciare mafiosi e corruttivi nella gestione di molti stabilimenti balneari nella sua Ostia e lungo il litorale romano. Da questo momento c’è stata la genesi letteraria dell’autobiografico “A mano disarmata” (edito da Baldini & Castoldi) di cui l’autrice ne ha parlato, attraverso una conversazione leggera ma incisiva nei contenuti, con il collega de “Il Messaggero” Giuseppe Mallozzi. E mentre i suoi due bellissimi bambini giocavano sulla sabbia dello stabilimento “Il Vascello”, mamma Federica ha raccontato quanto ha cominciato a vedere prima e a scrivere poi sulle colonne del suo quotidiano quanto avveniva tra i palazzi di “questa città nella città” in cui “ho continuato a vive-re”. Federica Angeli ha sottolineato che alla paura delle minacce dei clan mafiosi ci “sia un’altra faccia, quella quel coraggio”. Mentre gli “altri” obbedivano ai comandi dei boss, lei – moglie, madre e giornalista – non voltava lo sguardo altrove, decideva di denunciare ciò che aveva visto.
Dal giorno dopo la sua vita è stata stravolta: per la sua incolumità le è assegnata una scorta, eppure nessuna intimidazione è riuscita a far vacillare la sua fede laica, la lotta per la legalità. La storia giudiziaria di cui è protagonista fino alle più recenti sentenze parla di una possibile seppur faticosa vittoria, confermando che “tutti insieme possiamo alzare la testa e cambiare in meglio”. Federica Angeli ha ammesso di aver ottenuto questa vittoria con l’unica arma che possiede, la penna, e nelle intricanti ma pedagogiche pagine di “A mano disarmata” racconta le tappe della sua sfida alla malavita, nel solco di un giornalismo nobile, illuminato di etica civile, che non compiace mai null’altro che la verità. Alla giornalista non piace essere considerata un’icona dell’antimafia, un santuario attorno al quale accendere due ceri. Probabilmente ha ricordato Sciascia quando sosteneva che l’antimafia come professione è il miglior terreno fertile della stessa mafia. D’obbligo, pertanto, anche la domanda sulla paura, su un tentativo di fare marcia indietro in un momento di disperazione e nei momenti di solitudine: “Siamo uomini e donne e la paura – ha concluso Federica Angeli – è un sentimento umano”
Saverio Forte
Intervista a Federica Angeli
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