SANTI COSMA E DAMIANO – E’ considerato un esponente di primissimo piano nella nuova geografia criminale del clan dei Casalesi. Insieme al fratello Salvatore fu arrestato nel giugno 2014 dal Gico della Guardia di Finanza e dalla Squadra Mobile di Caserta con l’accusa di aver riciclato nell’edilizia il danaro sporco della camorra in Emilia, soprattutto in provincia di Modena. Antonio Di Puorto, di 49 anni, di San Giuseppe D’Aversa,da tempo era il destinatario di un ordine di carcerazione del Gip del Tribunale di Napoli dovendo scontare una condanna a due anni e sette giorni di reclusione per riciclaggio con l’aggravante del metodo mafioso che si è aggiunta ad un’altra a quattro anni di carcere. Antonio Di Puorto, residente a Bomporto, nel modenese, è stato arrestato dagli agenti della Squadra Mobile della Questura di Latina, in collaborazione con i colleghi del commissariato di Polizia di Formia, a Santi Cosma e Damiano.
Qui aveva scelto l’obbligo di dimora, ospite di alcuni familiari, dopo essere stato coinvolto nell’operazione delle forze dell’ordine quattro anni fa culminata con l’arresto di 11 persone ed il sequestro da 10 milioni d’euro in beni immobili e mobili. Secondo il collaboratore di giustizia Salvatore Venoso nel 2012 Salvatore e Antonio Di Puorto disponevano di una notevole disponibilità economica. Si trattava in particolare di soldi della famiglia Schiavone che, provento di vari reati, venivano ripuliti in diversi settori commerciali e, soprattutto, nell’edilizia. Quell’inchiesta durò due anni e fu inferto un altro duro colpo al clan dei Casalesi, tagliando le ramificazioni e stroncando il sistema di reinvestimento-riciclaggio da parte degli affiliati al clan dei Casalesi. Utilizzando dei prestanome il clan infatti comprava, utilizzava ditte per costruire, trasformando così denaro sporco in pulito.
Nel mirino finirono i parenti di Sigismondo di Puorto, 42 anni, ritenuto prestanome di Nicola Schiavone, figlio del boss dei Casalesi Francesco detto Sandokan. L’inchiesta, durata due anni, si articolò in tre distinti blocchi. Il primo fu legato alle vicende relative alla Sara Costruzioni srl e le attività di reimpiego di capitali e riciclaggio in questa ditta. Il secondo, che è quello che interessa il Modenese direttamente, fu legato all’intestazione fittizia delle quote della società Angelica srl, nonchè a una ipotesi di illecita interposizione fittizia (prestanomi) per la proprietà in quote di immobili ubicati in provincia di Modena. Il terzo blocco svelò i reati legati alla distribuzione di caffè nel Napoletano. Oltre che dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, l’indagine partì da un caso di bancarotta fraudolenta a Pisa, protagonisti persone originarie del Casertano che avevano dato vita alla Geo Costruzioni srl di Domenico Policastro. Dall’ascolto delle conversazioni relative al fallimento della ditta, emersero frequenti contatti tra i fratelli Policastro (coinvolti nella gestione della Geo) e Luigi Di Sarno (detto ò biondo), titolare del 70% delle quote della Sara Costruzioni srl. E, per i pm, il socio occulto della Sara Costruzioni fu Salvatore Di Puorto.
L’interessamento della famiglia Di Puorto, nell’ambito di una serie di attività imprenditoriali svolte anche nel settentrione, sono state rivelate proprio dal collaboratore di giustizia Salvatore Venosa e dal padre Umberto, che avevano assunto un ruolo ai vertici del clan dopo gli arresti di Antonio Iovine e Michele Zagaria. Accertamenti patrimoniali hanno incrociato i dati emersi da 60 conti correnti bancari e i flussi finanziari relativi a 16 persone nell’arco temporale di 10 anni, risalendo così agli investimenti economici realizzati dalla famiglia Di Puorto, legata alla cosca Schiavone dei casalesi, in Campania, Toscana ed Emilia Romagna direttamente o attraverso “teste di legno”, in modo da riciclare denaro del clan.
In Toscana e nel Modenese e nel Ferrarese, grazie a prestanome incensurati di origine casertana, gli investimenti furono eseguiti nel settore immobiliare ed edile. E tre furono le società edili che utilizzarono i soldi della camorra per realizzare edilizia pubblica in provincia di Siena) e privata (a San Prospero e ad Argenta). Una aveva sede a San Cipriano d’Aversa, una a Poggio Renatico e la terza a Roma.
Saverio Forte