GAETA – Secondo la sua azienda, la Pozzi Ginori di Gaeta, quell’operaio si era assentato dal proprio posto di lavoro negli ultimi mesi più di quanto gli era consentito. Più precisamente 374 giorni. Da qui la lettera di licenziamento notificatagli con una raccomandata il 23 marzo 2018 “dopo vent’anni di apprezzata attività produttiva” (era stato assunto il 2 novembre 1998) ai danni dell’operaio di 43 anni di Itri. Il suo collegio difensivo, rappresentato dagli avvocati Francesca Tallini e Giuseppe Cece, ha eccepito questa tesi ed il giudice del Lavoro del Tribunale di Cassino, Annalisa Gualtieri, gli ha dato ragione perché l’articolo 37 del contratto nazionale di lavoro dei piastrellisti spiega benissimo che ai fini del superamento dei limiti di questo limite non si deve tenere conto dei periodi di ricovero e dei giorni di terapie salvavita.
E una ragione c’era per giustificare queste prolungate assenze presso lo stabilimento di Gaeta della Pozzi Ginori: il lavoratore nel corso del 2017 e nei primi tre mesi dell’anno scorso si era ammalato di tumore, una nuova e drammatica situazione di cui – è stata questa una posizione chiarita dalla difesa nel procedimento conclusosi in questi giorni – aveva informato la sua azienda ma che la stessa non aveva previsto effettuando un computo sui suoi giorni, anche non continuativi, di malattia. Il Tribunale di Cassino ora ha disposto il reintegro del lavoratore, nel frattempo colpito anche da una forma depressiva ma anche da patologie allergiche dell’apparato respiratorio e di quello osseo, ed il pagamento di una lauta indennità risarcitoria pari a 12 mensilità.
In un’intervista video l’agguerrita avvocato Tallini ha ripercorso l’intera vicenda, sorpresa soprattutto della condotta della Pozzi Ginori (difesa dall’avvocato Massimo Waschke): “Aveva lamentato il fatto che i certificati trasmessi dal nostro assistito non contemplassero i giorni di prognosi ma solamente la prescrizione dei farmaci. Ciò non corrisponde al vero dopo aver aggiunto che il dipendente licenziato avrebbe superato il periodo massimo stabilito dal contratto collettivo nazionale di lavoro. La dottoressa Gualtieri ha evidenziato nella sua sentenza come l’articolo 37 spieghi come ai fini del superamento di comporto non si debba tener conto dei periodi di ricovero nel limite di 60 giorni e dei giorni di terapie salvavita. Inoltre, la distinzione tra i giorni computabili ai fini del periodo di comporto 374 e quelli non computabili a questi fini, ovvero i sette giorni di ricovero, non è stata indicata nella lettera di licenziamento in cui si fa riferimento ad un periodo di assenza per malattia senza alcuna soluzione di continuità dall’8 al 23 018 e si computa anche il periodo dal 16 al 22 2017 coperto invece da ricovero ospedaliero. Ciò ha comportato una violazione degli articoli 1429, 1431 e 1433 del Codice Civile costituendo una insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo. Il periodo di assenza per quanto continuativo è da distinguersi in termini giuridici tra il periodo valevole ai fini del periodo di comporto da quello che, invece, non concorre al superamento del periodo di comporto.
In questa vicenda il datore di lavoro nell’intimare il licenziamento per superamento del periodo di comporto non ha puntualmente indicato il periodo concorrente al superamento dei dodici mesi, ma vi ha computato anche un periodo che non vi concorreva. A tal Suprema Corte di Cassazione ha più volte, nel 2009 e nel 2011, stabilito che una volta indicate le assenze nella lettera di licenziamento, esse non possono essere poi modificate dal datore di lavoro. Agli avvocati Tallini e Cece hanno stupito le prese di posizione della Pozzi Ginori di Gaeta quando aveva dichiarato di ignorare lo stato di salute, di tipo oncologico, del proprio lavoratore, poi licenziato: “E’ una menzogna perché – ha aggiunto l’avvocato Tallini – negare di essere a conoscenza dello stato di salute equivarrebbe ad accusare il medico curante dell’operaio, il dottor Francesco Magliozzi, per non saper svolgere il proprio lavoro. Infatti, le modalità di redazione del certificato telematico di malattia sono contenute nel disciplinare tecnico allegato al decreto del Ministero della Salute 18 aprile 2012 ed illustrate nella circolare Inps numero 113 del 25 luglio 2013. In particolare, il medico è tenuto ad inserire correttamente le indicazione di evento traumatico (anche ai sensi dell’articolo 42 della legge n. 183 del 4 novembre 2010). La società Pozzi Ginori ha negato di essere a conoscenza dello stato tumorale del nostro assistiti benché le sue continue comunicazioni al sindacalista del Cgil operante nello stabilimento, il quale ha sempre confermato che la società era a conoscenza del suo stato di salute. Ciononostante la Pozzi Ginori ha sollevato perplessità anche sui certificati di malattia telematici considerati troppo generici, nonostante nella apposita sezione: dati diagnosi, vi è specificato tumori benigni.
La multinazionale proprietaria della Pozzi Ginori, la Sanitec, che dovrà riconoscere anche le spese legali per un importo di 1800 euro, ha preannunciato ricorso in appello: il suo tentativo di conciliazione, formalizzato il 9 gennaio scorso e, dunque, prima del pronunciamento del giudice del lavoro di Cassino, era stato respinto perché “poco dignitoso”: poco più di dieci mila euro. Il lavoratore ha detto di no a quella somma: “Se volete, donatela all’associazione italiana ricerca contro il cancro…” E l’avvocato Tallini ha rispolverato, a tal riguardo, una bellissima frase di Primo Levi, “..Negare la dignità, significa trasformare la persona in mero organismo biologicamente vivente, privo di rispetto e considerazione..” perché… tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, mi piace pensare che la ricerca, il rispetto, la difesa della dignità umana siano patrimonio comune, che trascende dalla posizione di datore di lavoro o di semplice dipendente.”
INTERVISTA Francesca Tallini, avvocato