GAETA – I componenti della Commissione Diocesana per il Dialogo Ecumenico e Interreligioso dell’Arcidiocesi di Gaeta all’unanimità esprimono il loro profondo dolore per quanto avvenuto in Nuova Zelanda, uno dei paesi più civili e tolleranti del mondo. Evidenziano: “Il folle che ha seminato la morte in due moschee non ha sparato soltanto a fedeli islamici indifesi ma a tutti noi. Ha sparato al desiderio di pace, di tolleranza e di amore che passo dopo passo stiamo cercando di inculcare, in particolare, nei nostri giovani”. Il direttore don Antonio Cairo ha precisato: “la diversità di cultura e di religione, alla luce anche del magistero di Papa Francesco, è ricchezza non fonte di timori, di sospetti e di paure.”
Il documento continua annotando: “Dobbiamo noi cristiani fare da scudo con i nostri corpi ai musulmani in pericolo e loro debbono fare altrettanto in difesa dei cristiani, in particolare dove questi ultimi sono solo esigue minoranze. Soltanto così la tolleranza e l’amore prevarranno su ogni pregiudizio, che nasce soprattutto dalla non conoscenza del diverso”. La Commissione Ecumenica ha deciso di scrivere a Mr. Trevor Matheson, Ambasciatore della Nuova Zelanda a Roma perché faccia pervenire al governo centrale di Wellington e agli Imam delle due Moschee violate di Christchurch il dolore della Chiesa gaetana per i 50 morti e gli auguri di pronta guarigione per i 36 feriti, due dei quali in condizioni critiche”.
Le vittime, peraltro, provengono da ben 14 nazionalità diverse. I sacerdoti componenti della Commissione pregheranno durante le celebrazioni eucaristiche di martedì 19 marzo, festività di San Giuseppe, entrambe in programma alle 18. Presso il Santuario Diocesano Ecumenico di San Nilo Abate di Gaeta a cura di don Antonio Cairo e a Tufo di Minturno Chiesa di San Leonardo Abate a cura di padre Agostino, francescano egiziano. Parimenti si pregherà nella Chiesa Avventista di Gaeta a cura del pastore Davide Malaguarnera, parimenti componente della Commissione Ecumenica nella giornata di sabato 23 marzo. Uniti nel dolore, ma anche nella speranza.