TERRACINA – Se non è un record, poco ci manca. Michelangelo Porretta, un ex chef di 45 anni originario di Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, e residente a Gaeta dal 2016 al 2018, è stato condannato due volte e per gli stessi reati – stalking e minacce – da due Tribunali diversi, Cassino e Latina, a distanza di quattro giorni. Il primo provvedimento è stato emesso dal giudice unico del Tribunale di Cassino, la dottoressa Tavolieri, che ha condannato l’uomo ad un anno di reclusione per gli atti persecutori di cui è stata vittima l’ex convivente di Gaeta di 30 anni per i fatti commessi dal 24 giugno all’11 luglio dello scorso anno, prima che lo chef decidesse di andare a lavorare in provincia di Milano. Ma la condanna più pesante è stata inferta lunedì mattina a Porretta al termine del rito abbreviato celebrato davanti il Gip del Tribunale di Latina Pierpaolo Bortone – la pubblica accusa aveva chiesto sei anni di reclusione – relativamente alla gravissima vicenda verificatasi, invece, il 24 agosto 2019 in località Migliara a Terracina. Porretta è stato condannato a cinque anni ed otto di carcere, oltre che per stalking, anche per tentato omicidio.
Tentò di uccidere l’ex convivente, che due mesi prima era diventata madre di un suo bambino, ed un automobilista in transito al quale la donna chiese aiuto. Porretta voleva, sotto la minaccia di un coltello, che l’ex compagna, che si è costituita parte civile nei due processi attraverso l’avvocato Luigi Raiola, andasse a vivere con lui a Bollate, nel milanese. Ci fu uno speronamento ai danni di una Delta su cui era salita la trentenne. L’auto si capovolse e fini in un canale sottostante. La donna ed il suo soccorritore si salvarono, Porretta venne arrestato per tentato omicidio. Tra Porretta e la donna di Gaeta fu un rapporto di coppia inizialmente normale ma poi caratterizzato da prevaricazioni, sopraffazioni, minacce di morte, violenze verbali e anche di natura fisica. Nel giugno dello scorso anno la donna, disperata per alcuni episodi violenti di cui fu vittima, all’ottavo mese di gravidanza, decise di trasferirsi presso la casa dei genitori a Gaeta perché alla fine del mese sarebbe dovuta nascere la primogenita. E così fu. Nonostante il lieto e gioioso evento, Porretta continuò ad avere comportamenti persecutori in danno della convivente; continui messaggi e telefonate, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Iniziò, insomma, un incubo.
Lo chef calabrese giunse all’ospedale “Dono Svizzero” di Formia per assistere al parto. Due giorni dopo, madre e figlia vennero dimesse dall’ospedale. Era il 24 giugno. Porretta, nei pressi dell’abitazione dei genitori della convivente a Gaeta, pretese di ritornare a Bollate con tutta la famiglia. Iniziò una discussione animata. Sottrasse la piccola figlia alla madre e si diresse verso la propria autovettura. Mise la piccola figlia in auto. Solo grazie all’intervento dei vicini e dei familiari della donna, attirati dalle sue urla e accorsi immediatamente, Porretta desistette e fece rientro a Bollate da solo. Dopo pochi giorni, però, rientrò a Gaeta. Iniziò a tempestare di messaggi di nuovo la ex convivente. Messaggi contenenti minacce di morte. Iniziò anche pedinarla. Si appostò per ore sotto casa sua. Citofonò in continuazione. Arrivò anche la Polizia. Fu un crescendo di atti intimidatori, centinaia e centinaia di messaggi e telefonate, messaggi di morte idonei a generare un fondato timore nella vittima, tanto più che Poretta si ricordò della sua provenienza: “Chiamerò qualcuno della mia onorata famiglia giusta e non infame per ucciderti”. Come a voler evocare ambienti e contesti malavitosi. E ancora l’11 luglio 2018. Altre minacce, ancora violenze. Questa volta per strada e arrivò nuovamente la Polizia. Purtroppo queste minacce stavano per conoscere un epilogo tragico il 24 agosto. Secondo il legale di parte civile, Luigi Raiola, Porretta agì con premeditazione per uccidere l’ ex convivente. Prima convinse la donna a salire in auto per andare a fare spese per la piccola figlia. Ma iniziò l’inferno per la 30enne di Gaeta attraverso un folle viaggio da Gaeta a Terracina. Ad alta velocità, Porretta sottrasse il telefonino cellulare alla donna con il dichiarato intento di impedirle di chiedere aiuto: “Tu stasera non torni a casa”; “oggi ti ammazzo”; “ho pianificato tutto a tavolino”; “ho studiato il posto, so già dove andarti ad ammazzare”. I due giunsero in una stradina isolata e di campagna che costeggia un canale, in località Migliara.
La donna riuscì a fuggire, lui la raggiunse, la ricondusse verso l’autovettura dal cui bagagliaio estrasse un grosso coltello. La donna riuscì a fuggire, si nascose dietro un cassonetto. L’uomo tentò di investirla. Per fortuna transitò un uomo a bordo della propria autovettura: una Delta. La 30enne di Gaeta scappò verso di lui chiedendogli aiuto. Salirono entrambi in auto e riuscirono ad allertare le forze dell’Ordine. Porretta iniziò anche un folle inseguimento dell’autovettura del soccorritore e, dopo uno speronamento, ad avere la peggio fu la Delta che con a bordo il soccorritore e la donna spaventatissima, dopo un capottamento finì nel canale. Arrivarono i soccorsi e i Carabinieri arrestarono Porretta, tuttora recluso nel carcere di Frosinone. Ora è arrivata la seconda condanna in pochi giorni con un importante risarcimento da liquidare all’ex fidanzata che ha un duplice obiettivo: dimenticare e tornare a vivere.
Saverio Forte
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