FORMIA – “Un accanimento giudiziario. Non abbiamo altro da dire. Per ora”. Alle prese con la vendita dello stabilimento e del ramo d’azienda prevista dal concordato preventivo concesso dal Tribunale di Cassino nel 2015, l’attuale management del pastificio Paone di Formia ha fatto fatica a nascondere la propria amarezza e delusione dopo la decisione del Tribunale di Latina (presidente Gianluca Soana) che nella stessa udienza ha revocato e ripristinato il sequestro dello storico stabilimento alimentare di piazza Risorgimento a Formia con le ipotesi di reato di lottizzazione abusiva e abusivismo edilizio.
Per ottenere il primo provvedimento avevano presentato una dettagliata memoria difensiva i legali dell’azienda alimentare formiana, gli avvocati Luca Amedeo Melegari e Maurizio Mele, che, in sintesi, avevano chiesto di applicare il contenuto di una rivoluzionaria sentenza del 16 gennaio scorso della Corte di Cassa Cassazione. La suprema Corte era arrivata ad una conclusione: il sequestro richiesto nel marzo 2012 dall’allora Procuratore aggiunto Nunzia D’Elia e dai sostituti procuratori Olimpia Monaco e Giuseppe Miliano fu di tipo “impeditivo” e non finalizzato ad ottenere la confisca dell’immobile e della sua superfice al patrimonio dello Stato. Insomma i sigilli chiesti ed ottenuti dalla Procura di Latina all’epoca avevano solo un scopo, impedire il “proseguimento e l’aggravamento” dei presunti illeciti edilizi sui quali è calata la prescrizione – e l’ha sentenziato la Cassazione – da anni ormai. Il Tribunale di Latina, mentre autorizzava la revoca dei sigilli nei confronti del pastificio formiano (questo tipo di provvedimento storicamente è stato emesso una prima volta nel 2012 dal Tribunale del Riesame avverso l’ordinanza di conferma emessa allora dal Gip del Tribunale del capuologo), li ripristinava contemporaneamente. Non faceva altro che prendere atto di una richiesta formulata dal sostituto procuratore Giuseppe Miliano – il magistrato di punta degli uffici giudiziari di via Ezio in tema di reati ambientali e contro il territorio – che, confermando le sue severe valutazioni investigative, andava oltre rispetto all’istanza formulata al Tribunale sette anni fa: il pastificio Paone va sequestrato ma questa volta non per impedire lo svolgimento dei reati di lottizzazione abusiva e abusivismo – i lavori non a caso sono fermi dal quel giorno di Venerdì santo del 2012 – ma per essere confiscato nel patrimonio immobiliare.
I reati contestati (c’è un filone nella voluminosa inchiesta denominata “Sistema Formia”) sono prescritti ed il procedimento penale è ancora in alto mare? Non importa – avrà pensato il Pm Miliano – lo stabilimento, realizzato nel 1878 e capace di sopravvivere a due guerre mondiali e ad un’infinita di crisi e disavventure, deve cambiare proprietà. Restano in vigore, dunque, i sigilli applicati il 10 marzo 2012 dai Carabinieri della Compagnia di Formia e del Nipaf della Guardia Forestale in esecuzione ad un’ordinanza emessa due giorni prima dalla Procura che, concordando con le risultanze investigative allora eseguite, accertavano la realizzazione di opere in assenza delle prescritte concessioni e procedevano al sequestro preventivo della struttura (prossima a trasformarsi in un centro commerciale), della volumetria complessiva pari 30.223,48 metri quadrati, interessata da lavori di ristrutturazione per mutamento della destinazione d’uso. Nell’ambito di quel contesto investigativo i Carabinieri ed il Nipaf della Forestale denunciarono in stato di libertà quattro persone: Stefano Paone, allora amministratore della ditta proprietaria la “Domenico Paone fu Erasmo Spa” dell’ex pastificio), Stefania Della Notte, l’ex dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale e firmataria del permesso n°182/2008; Agostino Di Mille, progettista e direttore dei lavori del permesso a costruire n° 182/2008 ed Erasmo Picano, progettista e direttore dei lavori della variante architettonica – DIA n° 6539/2011, responsabili a vario titolo di violazioni alle leggi urbanistiche-abuso d’ufficio-falso, in atto pubblico commesso da Pubblico Ufficiale e falso ideologico.
In pratica la Procura di Latina era ed è convinta che la riconversione dell’ex pastificio dovesse essere accompagnata da un piano di lottizzazione convenzionata di iniziativa privata mentre la famiglia Paone sostiene, invece, che la nascita di un centro commerciale e direzionale era già prevista dal Piano Regolatore generale vigente approvato in consiglio nel 1980, 39 anni fa. Le prime reazioni della famiglia Paone sono state caute. A rilasciarle è il suo portavoce, Erasmo Paone. che attende, insieme agli avvocati Melegari e Mele le motivazioni dell’ordinanza del Tribunale di Latina, prima della decisione se proporre appello al Riesame: “Siamo esterrefatti. Con questo siamo a tre sequestri e due dissequestri tutti da parte dello stesso tribunale. E questo per un immobile che è stato solo oggetto di una ristrutturazione interna per la quale eminenti esperti hanno dichiarato non essere nemmeno necessario il permesso a costruire. E’ una sistematica demolizione di 140 anni di lavoro serio e di successo da parte di una famiglia locale. Vogliamo ricordare che il Pastificio è una azienda sana e riscuote un grande successo sui mercati locali ed internazionali “ L’altra notizia della giornata su questa infinita querelle tecnico-amministrativa-giudiziaria ed economica è la sentenza della sezione di Latina del Tar del Lazio (presidente Antonio Vinciguerra, relatore Valerio Torano) che, di fatto, accogliendo integralmente il ricorso promosso dal liquidatore giudiziale (Maurizio Taglione) del pastificio Paone e discusso dall’avvocato Rosalba Genovese, ha censurato la condotta amministrativa del consorzio industriale del sud-pontino sul futuro gestionale del nuovo pastificio realizzato dieci anni fa nell’area industriale di Penitro e oggetto di vendita sulla scorta del concordato preventivo autorizzato nel 2015 dal Tribunale di Cassino. Il Tar ha detto di no alla delibera del consiglio d’amministrazione del Consind, la numero 27 del 25 marzo scorso, con cui era stato avviato il procedimento amministrativo finalizzato all’esproprio dei capannoni dello pastificio di Penitro alle stesse condizioni economiche, poco più di due milioni di euro, con cui nei primi giorni dello scorso aprile era stata aggiudicata la vendita alla “Corex spa” di Battipaglia.
Il Tar, di fatto, ha bloccato, di fatto, l’iter avviato dall’ente di sviluppo industriale del sud-pontino per esercitare il diritto di prelazione secondo quando prevede l’articolo 63 della legge 448/98 e ribadito da alcune sentenze del Consiglio di Stato. Si tratta di una facoltà concessa dal legislatore ai consorzi industriali per riacquistare, unitamente alle aree cedute, anche gli strumenti industriali realizzati in precedenza. Il Consorzio industriale avrebbe dovuto versare la differenza economica tra i contributi economici beneficiati dal pastificio di Formia per la realizzazione del suo nuovo sito produttivo e l’attuale valore di mercato dello stabilimento. L’avvocato Genovese, illustrando il contenuto del suo ricorso, ha spiegato durante la sua discussione come siano state tre le linee guida della sua iniziativa giudiziale per contrastare questa sorta di diritto di prelazione esercitato dal consorzio industriale. Innanzitutto le aree nella zona industriale di Penitro su cui è stato realizzato dieci anni fa il nuovo pastificio Paone “non sono state cedute dal Consorzio industriale ma sono state acquistate con atti notarili dalla famiglia Paone”, “il nuovo sito produttivo è stato realizzato nel termine di cinque anni dalla cessione dell’area e “la stessa attività industriale del Pastificio Paone non è cessata da più di tre anni”, anzi, al contrario , “è in continuo svolgimento ed incremento”. Davanti il Tar del Lazio era stata formalizzata tra il 12 ed il 15 luglio la presentazione di due ricorsi “ad adiuvandum”. Erano stati depositati, attraverso l’avvocato Maurizio Mele, dall’attuale società proprietaria del pastificio Paone, e dalla “Codex spa”, la società di Battipaglia che, da sola, con un’offerta di due milioni e 32mila euro aveva partecipato lo scorso aprile alla vendita d’incanto dei capannoni dell’azienda alimentare formiana proprio presso lo studio del commercialista di Arpino Maurizio Taglione.
L’esito di questo ricorso al Tar contro il diritto di prelazione esercitato dal Consorzio industriale del sud pontino – condannato al pagamento delle spese di lite pari a 4000 euro – attraverso l’amministrativista Orazio Abbamonte potrebbe essere molto importante per il futuro gestionale e produttivo della storica azienda formiana. Il suo ramo d’azienda dal 2 luglio, di fatto, è nella disponibilità della neonata società “Domenico Paone srl”. Agli inizi del mese è scaduto il termine di 15 giorni entro il quale era possibile effettuare un’azione di rilancio, del 10%, rispetto all’offerta con cui la neo società costituita il 4 giugno, si era aggiudicata, in solitario, le due linee di produzione del pastificio di Penitro.
Saverio Forte